C’è grano e grano…

C’è grano e grano…

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I grani sono stati modificati nel corso degli anni per rispondere alle esigenze dell’industria, della panificazione, dei pastifici e delle colture intensive ed ecco quindi che i grani nei campi sono diventati sempre più bassi per combattere l’allettamento, per poter essere diserbati e concimati anche in epoche avanzate (senza far danno con i trattori quando entravano nella cultura), perché concimare significa spingere al massimo la produzione  in termini di quantità e diserbare togliere la competitività di altre piante oltre che eliminare altri semi che alla raccolta sarebbero dannosi per lo stoccaggio.
Ecco quindi che si è snaturata la genetica a favore della produzione (fino a 70 q.li ettaro contro i 10/15 dei grani antichi), generando grani sempre più sensibili alle fitopatie e quindi il ricorso a trattamenti funginei sempre più frequenti.
È facile capire come l’agricoltore sia diventato quasi un chimico e i nostri terreni carichi di molecole distribuite ma chissà quando smaltite (diserbante gliposate alla semina, diserbante post emergenza, trattamenti funginei contro malattie funginee, trattamenti anticimici alla spigatura, concimazioni chimiche eseguite in tre momenti della stagione).
Ma il bello è che si è arrivati a questo per produrre un grano che nessuno vuole! Avete capito bene… l’industria molitoria compra per la quasi totalità all’estero, e sapete perché? Perché arrivano delle partite direttamente ai porti con caratteristiche qualitative e a dei prezzi che noi non riusciremmo mai a sostenere e in tutti i periodi dell’anno.
Ma sappiamo cosa arriva dall’estero? Come è regolamentata la produzione in termini di legge? E i controlli ?
Produciamo quindi un grano altamente proteico (così vuole l’industria), che poi dobbiamo vendere ad un prezzo inferiore a quello estero, che ha già una quotazione improponibilmente bassa, che induce l’agricoltore ad usare la chimica come unica possibilità di salvezza (?), per una iper produzione che non ha mercato… c’è qualcosa che non torna, vi pare?
Comunque, ritornando alla qualità del grano, i valori di riferimento sono forza (W), elasticità (P/l), indice di caduta (falling number, fondamentale per la lievitazione), indice proteico: normalmente se si è eccelsi su un valore si è carente su un altro, ed ecco quindi che una miscela di grani macinata per essere sempre omogenea ha bisogno di un chimico che aggiusti il tiro con integrazioni di glutine, malto ed altri integratori di laboratorio, consentiti per legge per carità, ma ammetterete essere poco naturali.
Questo perché le masse non sono mai omogenee e talvolta non conformi a quanto dichiarato nei contratti. In Italia c’è da dire che si produce grano in maniera totalmente disomogenea: ogni centro raccolta, per paura di perdere vendite, riceve qualsiasi tipologia di grano e poi non ha la possibilità di separare tutte le tipologie (ci
vorrebbero 200 silos) che tutti gli agricoltori portano, e quindi mischia il prodotto in un unico locale di stoccaggio, vendendolo con la dicitura “misto rosso” con proteine minime 10%: ma all’interno si può trovare grano da biscotti, da panificazione, di forza, ecc. …
Dal momento che per adesso è una chimera mettere su un tavolo industria, produttori agricoli, società sementiere, consumatori e medici per stabilire un’unica linea guida (la globalizzazione non ce lo consente), allora invito tutti a porre maggiore attenzione all’origine e alle caratteristiche di un prodotto, e dove possibile, autoprodurlo.
Proprio per questo nel nostro piccolo centro di raccolta sono ormai oltre 20 anni che ritiriamo solo grano delle aziende agricole locali a cui conferiamo il seme e seguiamo a 360 gradi, con il risultato di avere un omogeneità di prodotto per il nostro utilizzo, senza avere la necessità di dover integrare attraverso il laboratorio, perché non vorremmo e non avremmo proprio i mezzi per farlo.
Altro fattore è l’umidità della raccolta: un grano trebbiato ancora con umidità superiore al 13%, mal si conserva all’interno dei silos in masse grandi, generando muffe e funghi e il proliferare di insetti che rovinerebbero tutto col passare del tempo, perciò si ricorre poi a essiccare il prodotto togliendogli tutte le proprietà e facendolo diventare un cereale da foraggio.
Come potete facilmente capire grandi masse sono facilmente attaccabili da problematiche di salubrità, ed anche difficilmente controllabili: immaginate un po’ milioni di quintali che si spostano da un continente all’altro con navi, camion, treni, container vari per il trasporto della materia prima che serve per produrre il pane, la pasta e i biscotti che voi quotidianamente mangiate.
Abbiamo insistito molto per farvi capire l’importanza della vicinanza del produttore, trasformatore e utilizzatore finale, dal campo alla tavola insomma. La famosa tracciabilità, nel nostro piccolissimo molino artigiano, è circoscritta in 15 km di raggio, tra campi, centro stoccaggio e molino… sono troppi?
Non facciamo prodotti industriali da forno e da pasticceria, per le logiche che vi ho appena descritto, ma ci concentriamo nella produzione di farine totalmente opposte, rivolgendosi a quelle persone o attività che vogliono fare della corretta alimentazione il loro punto fermo.

Creando ed investendo in “PROGETTO GRANI ANTICHI”, crediamo fortemente che fare 2 passi indietro significhi farne 4 in avanti, in termini di salute, sostenibilità ambientale, sostegno all’economia locale e presa di coscienza.